venerdì 30 luglio 2010

Thymus pulegioides


Era un po' che ne volevo parlare, per fortuna oggi mi sono messa a guardare le foto di giugno ed è venuto fuori il Timo falso poleggio [in arte Thymus pulegioides] parente strettissimo del Thymus vulgaris, il timo che condisce la maggior parte dei miei piatti preferiti.
Thymus pulegioides è una pianta cespitosa perenne della famiglia delle Labiatae, vive lungo i pendii assolati dalla fascia collinare a quella basso-montana di tutta Italia e colora di rosa intenso le rocce da fine maggio a inizio luglio.


"Thymus" deriva dalla parola latina "thymis" [o "thymosus"] che significa "profumato" ed è quasi inutile spiegarne la ragione: è una tra le piante aromatiche più profumate in assoluto! Però come al solito c'è un inghippo [pensavate fosse facile sta volta, eh!?]: infatti c'è chi pensa che potrebbe derivare anche dalla parola egizia "thm" o dal greco "thymos" che significano "anima", probabilmente perché questo genere di piante era utilizzato molto spesso nelle imbalsamazioni, con lo scopo di purificare le anime dei defunti. Non lo sapremo mai, io tengo per la seconda versione, mi piace di più.
"Pulegioides" invece le è stato attribuito perché le foglie e il suo portamento sono molto simili a quelli della Mentha pulegium.


Rispetto al suo cugino T. vulgaris è leggermente meno aromatico, ha foglie più dure e coriacee e in cucina infatti viene impiegato raramente, molto più in passato che ai giorni nostri.
C'è da dire però che per quel che riguarda i suoi principi attivi non ha niente da invidiare agli altri Thymus: contiene infatti elevate quantità di oli essenziali a carattere antisettico, soprattutto delle vie gastrointestinali, è un tonico generale adatto in caso di anemie ed ha azione anticatarrale per le vie respiratorie ed urinarie.
Il suo gradevole profumo è dato dalla presenza del timolo, un fenolo che ad elevate concentrazioni è fortemente corrosivo e nocivo per l'uomo e gli altri animali [ma ovviamente alle quantità da noi ingerite non si hanno assolutamente problemi di questo tipo].
Una cosa molto curiosa è che studi paleobotanici hanno portato alla luce tracce di varie specie di Thymus tra i resti di falò accesi all'età della pietra: pare che già i nostri progenitori ne conoscessero le proprietà antisettiche e bruciavano timo per tener lontani insetti e parassiti.


Detto ciò vi lascio alla prossima ricetta, una crostata di spinaci aromatizzata dal timo del mio orto [che non è il T. pulegioides, ma va bene lo stesso!].

Crostata di spinaci

Una torta salata semplicissima, gustosa e veloce. Devo dire che questa è una tra le mie preferite, forse proprio perché gli ingredienti sono pochi ma buoni!


Per la pasta:
350 g di farina 0
1 cucchiaio d’olio
1 e 1/5 bicchieri d’acqua tiepida
sale

Per il ripieno:
800g-1kg di spinaci freschi
4 uova
90g di parmigiano grattugiato
1 cipolla
un rametto di timo
sale e pepe
olio extravergine


Preparate la pasta: su una spianatoia unite alla farina il sale e l’olio, aggiungete a poco a poco l’acqua a fontana e impastate a lungo fino ad ottenere una palla omogenea, liscia e bella soda.
Ed ora il ripieno: lessate gli spinaci, tritate la cipolla e fatela soffriggere con un po’ d’olio. Strizzate bene gli spinaci e tagliateli grossolanamente, fateli passare in padella con la cipolla finché non saranno ben asciutti. Sbattete le uova, unite parmigiano, sale e pepe. Unite gli spinaci e amalgamate bene il tutto.
Stendete la pasta il più finemente possibile, lasciandone una piccola parte per fare le strisce della crostata.
Foderate con la pasta una teglia tonda a bordi alti, farcite con il ripieno di spinaci, cospargete con un po’ di parmigiano grattugiato, fate la griglia con le strisce di pasta e richiudete i bordi.
Infornate per 40-45 minuti a 190°. Sfornate e prima di mangiarla lasciatela raffreddare completamente.


E' altrettanto buona con pecorino sardo al posto del parmigiano, oppure mescolando due cucchiaiate di riso lesso al ripieno, con una dose un po' più consistente di formaggio. [Magari poi la posterò ;)]


venerdì 23 luglio 2010

Solanum melongena ovvero la Melanzana


E finalmente arriviamo alla Melanzana, una della verdure più buone e gustose che si possono raccogliere in estate.
Solanum melongena è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Solanaceae, originaria dell'India ma diffusa e coltivata in tutta la fascia temperata. 
I suoi fiori sono molto particolari, rivolti verso il basso con petali violacei coperti all'esterno da una peluria biancastra, qui in Italia iniziano a sbocciare verso fine giugno e già a luglio si possono raccogliere le bacche nerastre, tonde o allungate. 


Esistono moltissime varietà di melanzane, selezionate dagli agricoltori nel tempo, ma tutte discendenti dalla Solanum melongena.


Il nome "Solanum" deriva dal latino "sòlor"=consolare, forse per le proprietà sedative che hanno molte specie del genere Solanum [ma non la melanzana]. "Melongena" invece ha una derivazione un po' più complessa, si pensa infatti che derivi dalla parola sanscrita "vatrin-gana", divenuta in persiano "badin-gian" e che poi gli arabi le abbiano aggiunto un "melo" davanti diventando così "melo-badingian"che per contrazione è poi diventata "melangian": fate un rapido calcolo e vi verrà fuori il latino "melongena", termine che indicava una "mela non sana", nel senso che si può consumare solo dopo averla cotta. Un po' un casotto, insomma.


Non starò a dilungarmi troppo sui vari usi culinari che se possono fare, sono mille!!! L'unica cosa è che, pur essendo una pianta originaria dell'India, il suo consumo maggiore è proprio qui attorno al Mediterraneo, dove ogni Paese che vi si affaccia ha almeno una ricetta tipica a base di melanzane [un po' quello che accade anche con le zucchine].


Un particolare uso tradizionale assolutamente non culinario prevedeva di preparare un sugo in olio bollente e di aggiungervi del solfato di rame: si otteneva così una pomata da utilizzare in caso di emorroidi.
La prima citazione degli effetti benefici della melanzana ci arriva da un medico arabo del XIII secolo, il quale menzionava il suo contenuto in proteine, molto superiore rispetto agli altri ortaggi. Oggi sappiamo che contiene l'1% di proteine e il 3% di glucidi, percentuali non molto elevate ma comunque buone se si tiene conte del fatto che la melanzana è una verdura.


Ovviamente per la melanzana ho postato una ricetta con le melanzane del mio orto, le verdure ripiene in crosta di sesamo, ma visto che siamo di stagione penso che arriveranno in questo blog altri piatti a base di melanzana.

Verdure ripiene in crosta di sesamo


Queste verdure ripiene sono una variante “totalmente vegetale” delle classiche verdure ripiene alla ligure. Mia nonna le ha sempre fatte con uova e parmigiano, ma nella ricetta originale ci sono anche mortadella o prosciutto cotto tritati.


Queste che vi propongo sono un’alternativa vegetariana, a me piacciono molto anche così, facendo un generoso soffritto vi rimarranno molto gustose.

Ingredienti:
6 melanzane lunghe piccole
6 zucchine piccole
200 g di fagiolini
3 cipolle bianche o rosse
1 peperone
4 carote
3 patate
maggiorana
santoreggia (o origano)
semi di sesamo
pangrattato
sale e pepe
olio extravergine

Fate cuocere al vapore le zucchine e le melanzane tagliate a metà per lungo, finché non saranno morbide [fate attenzione a non farle ammollare]. Toglietele dal cestello a cottura ultimata, aggiungete un po’ d’acqua e fate cuocere sempre al vapore fagiolini e patate per circa 20 minuti.
Nel frattempo preparate un soffritto con 1 cipolla, le carote e il peperone tritati, le aromatiche sminuzzate, olio sale e pepe. Fate rosolare per alcuni minuti, poi svuotate le melanzane e le zucchine cotte al vapore tenendo i “gusci” da parte, fate passare il dentro al passaverdura e aggiungete il tutto al soffritto. Lasciate cuocere per almeno mezz’ora a fuoco lento, aggiungendo acqua o brodo vegetale di tanto in tanto.
Una volta cotti i fagiolini e le patate passateli al passaverdura e uniteli al soffritto, fate asciugare molto bene il tutto, fino ad ottenere un composto sodo e compatto con l’aggiunta di pangrattato.
Riempite i gusci di zucchine e melanzane con il composto e se vi avanza del ripieno tagliate 2 cipolle a metà, sfogliatele e riempite le foglie. Cospargete il tutto di semi di sesamo, olio e sale e infornate a 180° per mezz’ora.
[Un consiglio: per ottenere un ripieno compatto e sodo fate cuocere le verdure al vapore e non bollite, accumuleranno meno acqua e saranno più sode.]


Ottimi soprattutto a temperatura ambiente, si conservano bene anche in freezer per un mese o due. 

giovedì 15 luglio 2010

Lunaria annua


Oggi vi presento una pianta che ormai non è più fiorita, ma in questo periodo si possono abbellisce le siepi e i margini boschivi con i suoi bellissimi frutti secchi a forma di luna dorata.
Sto parlando di Lunaria annua, conosciuta col nome comune di Erba luna o Medaglioni del papa, una pianta erbacea perenne della famiglia delle Brassicaceae [la stessa dei cavoli e della rucola, per intenderci].
In Italia è diffusa in tutte le regioni tranne che in Puglia, Sardegna e Lombardia, vive dal livello del mare fino a 900 m in luoghi ombrosi e umidi, al margine delle boscaglie e lungo le stradine di campagna, dove dona una splendida fioritura rosa da inizio Aprile a fine Giugno.


Il nome del genere "Lunaria" le è stato attribuito da Tournefort [botanico francese del '600] ma non come si potrebbe pensare per la forma e il colore delle sue silique [il frutto], bensì perché nome in uso tra gli alchimisti, che la ritenevano capace di mutare il mercurio in argento, argento che loro chiamavano "luna"...[boh...voi cosa ne pensate?..ultimamente l'etimologia dei nomi delle piante mi convince davvero moooolto poco...e vabbè.]
Il nome specifico "annua" invece deriva da un errore di valutazione: infatti Linneo la riteneva pianta annuale e le diede questo nome, sbagliando [se parlate con molti botanici e soprattutto micologi non sentirete parlare molto bene del vecchio Linneo, considerato il maestro della botanica, ma spesso caduto in errori grossolani e fuffe piuttosto ridicole.]


La Lunaria, come molte Brassicaceae, contiene una vasta gamma di principi attivi benefici alla salute: acidi grassi, lunarina [un alcaloide], enzimi, glicosidi, glucosidi e vitamina C. In farmaceutica è impiegata come diuretico e antiscorbutica, ma la sua attività principale sembrerebbe quella di mantenere in buona salute il cervello, azione dovuta all'acido nevronico. 


Come la Senape (Sinapis arvensis) i suoi semi se vengono pestati producono una polvere che può essere utilizzata come succedanea della senape appunto. 
Molti sono i sgnificati che le sono stati attribuiti nelle epoche passate: gli anglosassoni ad esempio la impiegavano in riti magici di prosperità e benessere, per scacciare mostri e creatura maligne.
Infine, chi riceve in dono un mazzo di Erba luna non dovrebbe ritenersi molto onorato, dal momento che simbolizza l'incostanza negli affetti e le dimenticanze!


L'ho associata all'imbrogliata mista perché in questo periodo di melanzane, zucchine e peperoni [alla basse del mio piatto] si possono raccogliere anche i suoi frutti da far seccare e farne mazzi decorativi molto belle.
[qui potete vedere alcune foto dei frutti secchi.]

Imbrogliata mista


Non è una ratatouille, non è una caponata: in casa nostra d’estate si cucina molto spesso, è veloce, facile e buona per accompagnare sia piatti di carne che di pesce, oppure da mangiare con riso bollito, cous cous, cereali, e quant’altro vi viene in mente possa starci bene. In realtà nella tradizione ligure con il termine “imbrogliata” si indica uno stufato di carciofi con aggiunta poi di uova: non so se sia corretto quindi chiamarla così, però per me l’imbrogliata è sempre stata questa, e allora l’ho rinominata “Imbrogliata mista”, a scanso di equivoci.


Ingredienti:
melanzane
peperoni
zucchine (+ fiori se li avete)
fagiolini
carote
patate
cipolle
olio extravergine
sale

Non ho messo la quantità perché va sempre un po’ a occhio: in generale cercate di mettere più o meno la stessa quantità di ogni verdura, bilanciando così tra i gusti.
Il procedimento è semplicissimo: si tagliano le verdure a pezzi grossi [le carote meglio a rondelle non troppo spesse], si mettono tutte in una pentola capiente con olio e sale e si fa cuocere il tutto per circa 20-25 minuti. La regola che seguo in generale è: quando le carote sono cotte, allora è cotto tutto. A piacere potete aggiungere pepe o peperoncino, io non metto mai niente perché le verdure cotte tutte assieme in questo modo creano già un gusto particolare.


Più facile di così non si può!



domenica 11 luglio 2010

Il mio primo premio! e chi se l'aspettava?!

Grazie ad Ornella, oggi ho ricevuto il mio primo premio! proprio non me lo aspettavo e quando lei me lo ha scritto mi sono sentita come i bimbi quando ricevono un nuovo gioco!


Ringrazio Ornella e "giro" [si dice così?^-^] il premio a:


...e lo dedico a tutti voi foodblogger. Ciao!

sabato 10 luglio 2010

Per gli Aquilani

Buongiorno a tutti! oggi non vi annoierò come al solito con quelle pappardelle infinite sulle mie amiche piante, no, oggi ve le risparmio. Oggi vorrei semplicemente ricordare con voi quel che sta capitando alle persone in Abruzzo e cercare di essere solidale, per quanto possibile, e dedicare a tutti loro uno spazio nel mio blog. 
Prendo esempio da Manu, vi invito a leggere la storia di Miss Kappa, alias Anna Pacifica Colasacco  [a mio parere una tipa tosta] e a non rimanerne indifferenti. 


Eravamo in tanti, a Roma. Ieri, 7 luglio. Tutti sfollati, più di cinquemila. Sveglia all'alba, nelle nostre case di fortuna. E 15 euro il biglietto dell'autobus. E tante automobili private. E il caldo. Il Comune di Roma ci fa scortare lungo l'autostrada, fino a piazza Venezia. E lì ci consegna nelle mani delle forze dell'ordine. Armate fino ai denti e caricate ad arte, di fronte a gente stremata che non immagina neanche lontanamente cosa sia un posto di blocco nel quale i poliziotti hanno ricevuto l'ordine di caricare. Senza guardare in faccia nessuno: donne, bambini, anziani. E gli Aquilani cercano di parlare civilmente. Di contrattare l'ingresso verso palazzo Madama. E invitano i giovani, i nostri giovani, a far cordone per improvvisare una sorta di servizio d'ordine, per scongiurare eventuali tafferugli. Vogliamo arrivare alla Camera e poi al Senato, dove si discute, in finanziaria, della nostra sorte. Chiediamo di ricevere lo stesso trattamento che hanno ricevuto tutti gli altri terremotati. Un governo iniquo ci impone di tornare a pagare tasse e balzelli. Come se nulla ci fosse accaduto. E non mette soldi sulla nostra disgrazia. Per ricostruire case. E vite. Nasconde la verità di una città morta. E, come ha sempre fatto dall'inizio della nostra tragedia, soffoca la ribellione con la violenza. Occulta o manifesta. La prima della protezione civile, sulla nostra stessa terra, ora quella di stato, armata di manganelli. Scaltri, imbottigliano i manifestanti nel primo tratto di via del Corso. Li tolgono dalla visibilità di piazza Venezia. E li picchiano una prima volta. Manganellate e sangue. Ma gli Aquilani non si fanno intimorire. Vedo in prima linea professionisti insospettabili che urlano VERGOGNA alle forze dell'ordine che picchiano. E donne coraggiose. E gli amici dei paesi. E i nostri ragazzi. Accanto ai genitori. Alle mamme. Tutti ad urlare. Ed a sventolare le nostre bandiere nero verdi. Nero, il lutto. Verde, la speranza della rinascita. Davanti a palazzo Grazioli, quando ripieghiamo verso Largo Argentina, altri scontri. Li guardo in faccia quei ragazzi sottopagati per picchiare i disperati. E vedo il mio ex vicino di casa. Mi affacciavo dal terrazzo, quando entrambi avevamo una città, e lo osservavo lavorare nel suo giardino. A volte si fermava a bere una birra, all'ombra di un albero. Lo vedo, ora, preso per un braccio e strattonato da un poliziotto che brandisce il manganello. Lo sta per picchiare. Ma lui urla. E alza le mani. Tutti alziamo le mani. Arrestateci tutti. Siamo noi i delinquenti dei centri sociali."


La disinformazione e l'oscurantismo sono le malattie mentali peggiori che possano colpire un popolo, ricordiamolo sempre.

"Non ti scordar di me"

Una dedica a tutti gli Aquilani

giovedì 8 luglio 2010

Il Gilgio di San Givanni


Domenica con il mio ragazzo abbiamo fatto un giro sui monti, dopo la grigliata della sera prima ci voleva proprio una bella camminata! Nel giro mi sono imbattuta nel bellissimo Gilgio di San Giovanni (Lilium bulbifferum subsp. croceum). [Mi dispiace ma le foto sono solo due perché l'unico presente era questo che vedete nelle foto.] 
Il Lilium bulbiferum è un'erbacea bulbosa perenne della famiglia delle Liliaceae. E' presente in tutta Italia (da 200 a 1800 m s.l.m.) ad eccezione del Friuli e delle isole, ma in generale non è comunissimo e per questo è una specie protetta dalle varie leggi regionali per la tutela della flora spontanea. Si suppone che la sua rarefazione sia dovuta alla sua bellezza che lo ha reso nei secoli una delle piante maggiormente colte per abbellire le case, le tombe, i monumenti e adornare gli altari. 
Vive per lo più negli arbusteti e in prati ombrosi piuttosto asciutti, dove fiorisce da fine Maggio a fine Luglio.


Il nome del genere "Lilium" è un nome latino che significa appunto "giglio" e si suppone abbia radici celtiche: "li" starebbe per candido, come la maggior parte dei gigli conosciuti a quei tempi [questa spiegazione mi convince poco, però la prendo per buona...]. Più chiara è l'etimologia di "bulbiferum"="bulbifero": il Giglio di San Giovanni produce dei piccoli bulbi all'ascella fogliare [ossia nel punto in cui la foglia si inserisce sul fusto], questi bulbilli a maturità cadono a terra e generano nuove piantine. Per ultimo,  il nome della sottospecie "croceum" starebbe per "simile allo zafferano", forse per i suoi pistilli di colore rosso acceso come quelli dello zafferano [ma chissà, anche qui sorgono parecchi dubbi al riguardo...]. 
L'origine del nome italiano invece sta nel fatto che questa specie di Lilium ha il massimo della fioritura intorno al 24 giugno, il giorno di San Giovanni appunto.

[il prato che ospita il Lilium bulbiferum delle foto sopra]

I Gigli sono conosciuti da tempi antichissimi: i greci gli attribuivano un'origine divina e pensavano fossero nati dal latte di Giunone. Anche l'Antico Testamento fa riferimento a queste piante in molte occasioni e moltissimi pittori hanno rappresentato l'Angelo dell'Annunciazione con un Giglio in mano.
Il Gilgio viene utilizzato nella medicina popolare in decotto come diuretico, i petali macerati nell'alcol sono un ottimo cicatrizzante e i bulbi cotti nel latte si stendono sulle ulcere ed hanno azione emolliente.
Ed ora ecco a voi la Quiche mediterranea che ci siamo pappati il Sabato sera, durante la grigliata "causa" della passeggiata-smaltimento.

Quiche mediterranea

Mi dispiace non aver postato le foto di una fetta ma l'abbiamo tagliata al momento della grigliata, c'era troppo buio e le foto non sono venute affatto bene...^-^

Ingredienti:
1 rotolo di pasta sfoglia [o 200 g di pasta brisè salata]
1 peperone giallo o rosso
mezza melanzana
100 g di fagiolini
1 cipolla bianca
1 pomodoro
2 zucchine
qualche foglia di basilico
3 uova
100 ml di panna da cucina
50 g di gruviera
mezzo bicchiere di latte
sale e pepe qb
olio extravergine

Tagliate a cubetti tutte le verdure, fatele soffriggere tutte tranne il pomodoro in padella con olio, sale e basilico per 20 minuti circa. Sbattete le uova, grattugiatevi dentro la gruviera, unite panna, latte, sale e pepe.
Foderate una teglia con la pasta sfoglia, disponetevi dentro le verdure, il pomodoro a cubetti privato della parte liquida coi semi e versatevi sopra il composto di uova, latte, formaggio e panna. Mettete in forno già caldo a 180° e dopo 15 minuti decorate con fiori di zucca [se li avete, se no con fettine sottili di pomodoro] e infornate nuovamente finché la superficie non sarà dorata.




Se non avete la pasta sfoglia o la pasta brisé potete fare una base come quella della Crostata di porri e zucchine con acciughe e pinoli.



venerdì 2 luglio 2010

Le Genziane

[Gentiana ligustica]

Dato che ci sono parecchie specie di Genziane e tutte quante sono molto belle e meritevoli di nota, oggi vi parlo del genere Gentiana, un gruppo di piante appartenenti alla famiglia delle Gentianaceae.
Il genere Gentiana è diffuso in tutta la fascia temperata dell'emisfero in ambienti alpini e subalpini. Comprende circa 400 specie e in Italia se ne contano circa 36, la maggior parte di queste diffuse in prevalenza sui rilievi alpini e appenninici maggiori, molto meno comuni o addirittura assenti al sud e sulle isole. Alcune specie sono protette da leggi per la tutela della flora [come ad esempio la Gentiana ligustica e la G. lutea che vedete nelle foto].

[Gentiana lutea]

Fioriscono generalmente d'estate, colorando le praterie montane e le rupi calcaree di un bell'azzurro intenso o di giallo tenue [in base alla specie].

[Gentiana verna]

Queste bellissime piante devono il loro nome generico a Gentius, l'ultimo re degli illirici vinto dai romani nel 167 a.c., che ne avrebbe scoperto per primo le proprietà terapeutiche. Le Genziane erano quindi già conosciute dai tempi molto antichi, Plinio e Dioscoride ad esempio le citano come ottimo rimedio contro il morso dei serpenti e per il mal di stomaco, durante il Medioevo erano il principale farmaco stomachico e per le patologie del fegato.

[Gentiana lutea ancora in boccio, i fiori sono gialli]

Le principali virtù terapeutiche si ricavano dalle radici, che devono essere raccolte di preferenza in tardo autunno, quando le piante sono ben mature: contengono "genziopicrina", un principio amaro-tonico che favorisce l'aumento della secrezione gastrica e salivare e agisce quindi da ottimo digestivo e corroborante.
Le popolazioni delle alte montagne ne utilizzano da sempre le foglie per curare piaghe e ferite cutanee e le radici come febbrifughe. Con i fiori si preparano ottime grappe e liquori digestivi ed aperitivi, a volte assieme ad altre aromatiche come il rosmarino, la salvia e l'anice verde.

[Gentiana ligustica]

I fiori delle genziane non sono tutti azzurri o violetti ma moltissime specie portano spighe di fiori gialli, bianchi e rossi: è curioso notare che le specie che popolano l'emisfero Nord sono generalmente a fiori azzurri e violetti, mentre quelle diffuse nell'emisfero sud hanno in prevalenza fiori rossi e giallognoli.

[Gentiana verna]

Oggi vi ho parlato delle Genziane perché pochi giorni fa sono stata sulle Alpi Liguri e ho avuto occasione di incontrare numerosi esemplari di queste tre specie che vedete in foto. Durante la gita per pranzo mi sono mangiata le acciughe ripiene di verdure che avevo fatto il giorno prima, non un classico pranzo al sacco ma in casa mia gli avanzi non si buttano mai!!! soprattutto se sono così buoni ^-^...
Vi lascio con una foto di una splendida fioritura di Rhododendrum ferruginuem in un bosco di larici del Monte Pietravecchia, dove di Genziane ne ho trovate parecchie.

Acciughe ripiene di verdure


Per 4 persone:
400 g di acciughe
200 g di fagiolini
4 patate
1 zucchina
1 peperone
3 carote
2 cipolle piccole di tropea
qualche foglia di bietole o spinaci
1 spicchio d’aglio
pangrattato
sale e pepe
maggiorana
timo
olio extravergine

Fate cuocere al vapore patate e fagiolini. Tritate tutte le altre verdure finemente insieme alle aromatiche e fatele soffriggere in padella per una mezzoretta, aggiungendo un goccio d’acqua di tanto in tanto. Passate al passaverdura le patate e i fagiolini cotti e uniteli al soffrittone, salate e pepate a piacere e fate rosolare per altri 10 minuti, fino ad ottenere un composto molto compatto e asciutto [se vi sembra troppo molle aggiungete del pangrattato e se necessario un uovo, ma io l’uovo non lo metto mai].
Pulite le acciughe, apritele e sistematele su carta da forno in una teglia larga e bassa (io ho usato quella rettangolare del forno). Riempite le acciughe con il composto di verdure, cospargete di pangrattato, passate con un filo d’olio e infornate a 180° per 10 minuti, un quarto d’ora al massimo.
Sfornate e lasciate raffreddare: il ripieno, non essendoci uova, non sarà mai come quello dei ripieni classici ma tende a rimanere morbido. Come antipasto estivo a parer mio sono perfette.




Se vi avanza il ripieno aggiungete un uovo, del formaggio grattugiato a piacere, versate il composto in una teglia unta e cuocete per una mezz’oretta in forno: sarà un ottimo polpettone di recupero! 

[appena sfornate]